Della viabilita’ balcanica si potrebbe parlare a lungo.
E a lungo in effetti spesso se ne parla, dato che la lunghezza (insieme alla lentezza) e’ la caratteristica principale dei viaggi in questo angolo di mondo.
Nella piu’ totale assenza di aerei e di treni, il viaggio in macchina e’ l’unica opzione praticabile. La strada, quindi, la fa da protagonista.
Strada statale, si intende: la rete autostradale e’ un lusso che pochi paesi (Croazia, Slovenia…) si possono permettere. In Serbia ce ne sono due, in Macedonia ce ne sono dei pezzetti (ma si stan dando un gran daffare per farne altri), in Albania una (breve), in Romania pure una (breve). Un’autostrada!
In Bosnia, Montenegro, Kosovo – zero.
Quindi, si diceva, gran viaggi su strada. Pristina sara’ la citta’-cesso che tutti conosciamo, ma se non altro e’ in posizione srategica: tutto e’ a sette ore di macchina. Tirana? Sette ore. Grecia? Sette ore. La costa del Montenegro? sette ore. Belgrado? se non avete lo stampo della dogana serba, sette ore. Sarajevo? sette ore.
Parliamo ovviamente di sette ore a ritmi lumacheschi, perche’ i chilometri a conti fatti non e’ che siano mai tanti.
Colpa delle curve – sicuramente, delle buche – certo, ma soprattutto della varieta’ di specie animali, vegetali e minerali che popolano le strade balcaniche.
Ma oltre ad animali domestici e non, vivi e meno, oltre a ciclisti al buio, caretti del fieno, trattori di letame e altre amenita’, a funestare gli spostamenti del viaggiatore balcanico ci si mette poi anche la carenza cronica di segnaletica stradale.
Se c’e’, puo’ poi capitare che non sia proprio di chiarissima interpretazione:
e a volte pure poco aggiornata
Inevitabile dunque che l’automobilista straniero debba ricorrere al tragico aiuto del passante di turno.
Troppo educato per dirti che non capisce una mazza di quello che gli stai chiedendo, ma troppo ospitale per non farsi in quattro per cercare di aiutarti comunque, il passante medio balcanico e’ quasi sempre all’origine di sciagurate perdite di tempo e benzina.
Rimango poi sempre affascinato dalla sua visione del mondo, che si sviluppa su di un modello geometrico di stupefacente linearita’. Una linea dritta, in poche parole.
Questo si traduce, il piu’ delle volte, nella risposta che tutti in realta’ vorrebbero sentirsi dare, se sapessero di potersene davvero fidare: “samo pravo”. Sempre dritto.
Capita rare volte che le indicazioni possano iniziare con un “gira a destra…” oppure “la seconda a sinistra…”, ma presto o tardi il “samo pravo” salta fuori. “Gira a destra e poi samo pravo”. “La seconda a sinistra e poi samo pravo”. Una volta al ristorante il cameriere mi ha pure detto che il cesso era “samo pravo”.
Comunque, il viaggiatore, dopo aver ringraziato il gentile passante di turno, e’ reso euforico dalla buona notizia di essere sulla strada giusta. Sempre dritto.
Egli pero’ ripiomba presto nello sconforto, quando constata con mano che al mondo – com’e’ peraltro noto – esistono anche curve, incroci, e una serie di altri imprevisti che fanno suonare il “samo pravo” di cinque minuti prima come una sonora presa per i fondelli.
Albania, estate 2008, al confine col Kosovo
Romania, estate 2008, strada “Transfagarasiana”
Serbia, primavera 2007, ponte auto+treno vicino a Jagodina
Oggi samopravo compie un anno!
E’ stato un anno in cui non c’e’ stato molto da sbadigliare, e in cui abbiamo raccontato l’indipendenza del Kosovo, gli scontri a Belgrado, l’assedio a Mitrovica, l’arresto di Karadzic, l’assoluzione di Ramush, i processi al tribunale dell’Aja, le elezioni in Serbia e in Kosovo, e chi piu’ ne ha piu’ ne metta.
Grazie a tutti quelli che hanno animato e contribuito alle numerose ed accese discussioni, in cui sicuramente tutti abbiamo imparato molte cose, tra cui la pazienza.
Grazie ancora e continuate a seguirmi!