I riciclati

Stasera all’Aja, in Olanda, si e’ concluso un processo passato sotto il naso dei media, completamente inosservato.

Strano, perche’ sul banco degli imputati stavano seduti, almeno fino al momento di alzarsi in piedi per ascoltare la sentenza, sei imputati di altissimo profilo.

Serbi, ancora una volta.

Si trattava di gente del calibro di Milan Milutinovic, che era nientemeno che l’ex presidente della Serbia, al tempo in cui Slobo era il presidente della federazione Yugoslava (Serbia+Montenegro).

O Dragoljub Ojdanic, che era il capo dell’esercito Yugoslavo. O Sreten Lukic, il famigerato capo del reparto della polizia serba di stanza in Kosovo, che durante il conflitto del 98-99 si e’ macchiata dei crimini piu’ schifosi, tra cui la deportazione di migliaia di albanesi kosovari. Ah si, non ve l’ho detto? Tutte le accuse contro i magnifici sei riguardavano le vicende del Kosovo.

Nel silenzio generale, cinque dei sei uomini chiave degli eccidi kosovari sono stati condannati a sentenze pesantucce, che vanno dai 15 ai 22 anni. Milutinovic unico assolto.

Per inciso, e’ la prima sentenza che accerta le responsabilita’ individuali per quello che e’ successo a Pristina e dintorni.

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Comunque, per cinque cristi che se la passano maluccio, e che stasera malediranno tulipani, zoccoli di legno e mulini a vento, ce ne sono altri che invece l’Aja se la porteranno sempre nel cuore. La ricorderanno sempre come l’inizio della loro nuova – anzi, rinnovata – vita politica.

Pensate a Fatmir Limaj: ex comandante del’UCK, accusato di gestire un campo di concentramento nel Kosovo centrale. Assolto. Torna in patria, inizia giustamente a scalpitare. Non ce la fa subito come candidato sindaco di Pristina, ma viene immediatamente ripescato come Ministro dei Trasporti da suo vecchio compagno di battaglie Hashim Thaci, nel frattempo diventato primo ministro.

Ma lo so che voi in fondo pensate poi sempre a lui, il nostro caro vecchio Ramush. Lui era gia’ primo ministro, quando si e’ consegnato al tribunale. La sua permanenza all’Aja pero’ e’ servita, eccome. Come a una valigetta di denaro sporco puo’ esere utile passare un po’ di tempo su un conto in Svizzera. Per poi tornarsene a casa, pulita, sbiancata. In una parola, riciclata.

Ed e’ cosi’ che il nostro Ramush dopo il processo non solo non perde popolarita’, ma anzi l’acquista. Era gia’ un eroe, ma lo diventa ancor di piu’. La sua fama travalica i confini del Kosovo, per giungere in Europa, America, Asia, Africa. In Uganda.

Si perche’ e’ di qualche giorno fa la notizia che il capo delle milizie ribelli ugandesi vorrebbe proprio Ramush come mediatore con il Governo di Kampala.

Pur lusingato dalla proposta, il pacifico Ramush, noto Ugandologo, non ha ancora fatto sapere le sue intenzioni.

Che parabola, la sua. Che spettacolo. Da forzuto buttafuori in discoteca, a importatore clandestino di armi, a comandante dell’UCK, a partigiano, a primo ministro, a criminale di guerra processato all’Aja, a pacificatore.

Che il prossimo passo sia il Nobel per la Pace?! D’altro canto se l’hanno dato a Ahtisaari…

Arbitro cornuto

Le critiche e gli insulti (che fioccano da una parte e dall’altra) per me sono il piu’ grande stimolo per continuare a scrivere. Davvero. Sono la prova provata che non solo voglio, ma anche che riesco a non stare ne’ da una parte ne’ dall’altra. Faccio incazzare un po’ tutti. Missione compiuta.

Mi viene proprio spontaneo: quando sono a Pristina in mezzo ad ex-eroi dell’UCK e alle bandierine, divento stranamente filoserbo. Appena vado a Belgrado e sento peste e corna sugli albanesi, non posso fare a meno di difenderli.

E poi mi arrabbio: pochi, troppo pochi sono quelli disposti ad ammettere i propri errori. Quasi nessuno.

Allo stesso tempo so che non posso permettermi di giudicare piu’ di tanto. Non posso neanche immaginare quello che questa gente ha passato. Come sarei io se fossi al posto loro? Magari sarei il piu’ nazionalista dei nazionalisti. Se mi avessero distrutto la casa, o ammazzato mio fratello, cosa penserei di chi l’ha fatto?

Se per dieci, vent’anni avessi sentito tutti i giorni propaganda, falsita’, mezze verita’, propaganda, propaganda – cosa avrei nella testa?

Francamente? Provo per tutti un misto di rabbia e di pena. Non riesco veramente a incazzarmi.

Quello che invece mi fa incazzare davvero e’ vedere che le stesse dinamiche che ci sono qui si ripropongono a casa nostra, a mille e piu’ chilometri di distanza. Tra gente che dovrebbe riuscire a vedere le cose con un po’ piu’ di distacco. Gente che (si spera) si interessa ai Balcani perche’ vuol cercare di aiutarli a venire fuori dal tunnel, no? Non per affossarceli ancora di piu’. Dico bene?

E invece no. Su questo blog, come al bar a Pristina o alla Tv di Belgrado, si fa il tifo. Come gli ultras allo stadio.

“Era in fuorigioco” “No non era in fuorigioco”

Era in fuorigioco, si o no?

…. Dipende.

Dipende se l’attaccante gioca nella tua squadra o nell’altra.

E se poi quello segna di mano, anche se e’ palese, sono pure contento, perche’ vinco il derby. Magari provo pure a sostenere che non l’ha proprio toccata con il braccio. Magari dopo un po’ che me lo ripeto ci credo pure. Magari gli altri mi danno talmente contro che alla fine sono pronto a giurare che non era fallo di mano.

A seconda della squadra per cui fai il tifo, cambia la tua realta’.

Due esempi.

6 Aprile 2008. Chiedo a una mia ex collega: “Ma perche’ sei cosi’ contenta che hanno assolto Ramush? Non pensi che sia un criminale?” Risposta: “Si lo so, Alberto, non sono contenta per lui, sono contenta perche’ e’ un albanese!”

Un amico di un’amica, a Belgrado, a cena mi propina un rosario di aneddoti su cose che gli Shiptari (termine dispregiativo serbo per designare gli albanesi) avrebbero fatto durante e dopo la guerra. DIce che li odia di brutto. Gli chiedo “ma c’e’ qualcuno di loro che ha fatto qualche torto particolare a te o alla tua famiglia?” Risposta: “No, guarda, non ne conosco personalmente neanche uno. Ma li odio tutti”.

Pah.

La faziosita’, il nazionalismo, la partigianeria. Vi attizano? Ci godete a fare il tifo? Venite a farvi un giro a Pristina.

O a Belgrado, naturalmente. A seconda della squadra in cui giocate.

Vi piacera’.

Ah, mi raccomando: non dimenticatevi che non e’ una partita di calcio, ok? E’ qualcosa di leggermente piu’ serio.

I fuochi

Come gia’ l’anno scorso, o a capodanno, ieri sera non era facile distinguere i fuochi ufficiali da quelli ufficiosi, e i fuochi artificiali dalle armi da fuoco.

C’era un po’ di tutto.

Compreso chi, non curante del pericolo (non solo per se’, ma anche per gli altri) nel bel mezzo della folla festante accendeva i suoi personali, di fuochi.

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che poi, come tutti i razzi, dopo essere scoppiati in cielo, ricadevano con abbondanza di frammenti al suolo (e cioe’ in testa alla folla festante).

Comunque, una bella festa, non c’e’ che dire: gente tanta e felice, nessun disordine, musica (seppur discutibile) e tanti soggetti pronti a farsi immortalare:

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" Urime! "

Se foste anche voi qui per le strade di Pristina, “Urime dita e pavaresise!” e’ la frase piu’ comune che vi capiterebbe di sentire.

“Buon-giorno dell’indipendenza”.

Ovviamente la frase e’ scandita da abbondanti raffiche di mitraglietta e petardi di varie dimensioni e potenza assordante. Trombe, trombette, tamburi e chi piu’ ne ha piu’ ne metta.

Nel centro ci si imbatte in tonnellate di bambini festanti con bandiere e bandierine, in mano e addosso:

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Agghindati a volte in modo un po’ audacemente kitsch dai genitori:

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Delle specie di piccoli alfierini di una battaglia combattuta dai grandi. E che si ritrovano appiccicata addosso – non sanno neanche loro perche’ – sotto forma di bandierina, stemmino, manifestino, o adesivo “Fuck you Serbia” che il papa’ attacca sul parabrezza della macchina.

Purtroppo oggi io lavoravo, e quindi non sono riuscito ad andare in giro a godermi i festeggiamenti.

L’anno scorso era piu’ facile: era domenica.

Come ho fatto a fare queste foto? Semplice, non le ho fatte io.

Me le ha mandate il mio amico fotografo Christophe Quirion.

Comunque andro’ stasera al concerto in mother theresa street, con macchina foto, e vi raccontero’.

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Quasi un anno

Pensavo che i festeggiamenti per il primo anno dell’indipendenza fossero cominciati gia’ ieri sera.

Sentivo giu’ in strada un bel gruppone di ragazzi che urlava slogan di vario genere, tra urla e risate varie. Si avvicinano un altro po’, e igli schiamazzi assumono un che di familiare. Mi rendo conto che in effetti sono del tutto simili ai cori da stadio che si sentono anche da noi.

Quando passano sotto la finestra, intonano un “Milan, Milan, vaffanculo!”. Guardo l’ora: sono le undici della domenica sera. E’ appena finito il derby. Macche’ indipendenza: solo qualche connazionale che anche a millecinquecento km di distanza non perde le sane, buone, vecchie abitudini da tifoso cafone.

Comunque, era solo questione di poche ore. I festeggiamenti sono ufficialmente iniziati oggi:

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Che carini vero? Non sono mai troppo piccoli per mettergli un bandierone sulle spalle.

Comunque, come l’anno scorso, fa un freddo bestiale e ci sono un sacco di manifesti in giro per la citta’.

Questo e’ quello ufficiale. Ci tiene, giustamente a ringraziare, uno per uno nella loro lingua, i governi che hanno reso possibile l’indipendenza del Kosovo:

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Ma poi c’e’ anche una vecchia conoscenza di questo blog, il signor IPKO, che non ha voluto essere da meno. Anche lui ha tappezzato la citta’ con i suoi manifesti:

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Si legge: “Kosovo, buon primo anno di indipendenza!”.

Come l’anno scorso, poi, e’ pieno di banchetti che vendono bandiere, soprattutto in Mother Theresa Street:

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Ci sono le magliette con l’effigie dello Zio disegnata sopra:

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E le storiche scritte “Bac, u Kry!”

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E poi musica folk albanese un po’ dappertutto:

Il Grand Hotel, in corso di ristrutturazione, ha messo su un mega-bandierone da cento metri quadrati (ma a me, francamente, ricorda piu’ che altro la bandiera del Barcellona)

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E infine, come l’anno scorso, macchine, macchine e ancora macchine. Grandi, piccole, tamarre, truccate, vecchie o nuove che siano, l’importante e’ avere una (ma meglio due o piu’) bandiere. Sul muso, sui finestrini, o tutt’e due.

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A differenza dell’anno scorso, pero’, quest’anno possono sventolare una bandiera che un anno fa non c’era ancora.

Saatchi & Saatchi

Lo chiamano “nation branding”. Ovvero “dare l’immagine a un paese”. Chi di voi guarda la BBC conoscera’ a memoria la musichetta di “Malaysia truly Asia” o meglio ancora “Incredible India”. Ecco, piu’ o meno e’ quello.

Con l’India pero’ e’ facile. C’e’ pieno zeppo di turisti fricchettoni che vanno in India, da che mondo e’ mondo. Si sa gia’ cosa c’e’ in India: ci sono gli elefanti, le spezie, le scimmie, i fachiri, i templi indu’ e tante altre belle cose.

Prova invece a promuovere un paese il Bangladesh. Che ci trovi in Bangladesh? I missionari? I bambini senza tetto? La cacarella? Robe ostiche da vendere. Non e’ che ti invoglino molto ad andarci. Ma ci saranno delle cose belle pure in Bangladesh no? Certo, bisogna solo farlo sapere. E’ un lavoro per quelli del nation branding. Ti fanno una specie di lifting al”immagine del paese. E allora, vai col “Beautiful Bangladesh” !

O la Romania. Che c’e’ in Romania? Dico, oltre a Dracula, che lo sanno tutti. Zingari forse? Stupratori? Camionisti ubriachi alla guida? No, quelli (almeno secondo il TG5) si trovano gia’ tutti in Italia. Altro che di nation branding, avrebbe bisgono la Romania… Che comunque ci prova.

Per il Kosovo e’ la stessa cosa. Che immagine ha? Diciamoci la verita’: merdosetta. E mi rendo conto che questo blog non sempre contribuisce a ripulirla.

Comunque ora ci pensera’ Saatchi & Saatchi! Una delle piu’ grandi societa’ di pubblicita’ del mondo, che e’ appena stata incaricata dal governo di Pristina di dare una bella liftata all’immagine del Kosovo. Mica gratis, e’ chiaro: 5 milioni di euro.

Sono poi curioso di vedere su quale folgorante attrattiva punteranno i nostri cervelloni per il loro branding. Forse sullo spettacolo delle case distrutte? O sul brivido delle mine? Sul mistero dell’uranio impoverito? O sull’aria pura delle centrali a carbne?

Dal canto mio mi permetto di suggerire al signor Saatchi un paio di idee, certo non nuove ne’ originali.

il monastero di Decani:

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E le montagne di Brod e di Brezovica:

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Se stavate cercando una meta dove trascorrere Martedi grasso, sappiate che l’agenzia di viaggi inglese Regent Holidays propone gia’, come novita’ assoluta per il 2009, un pacchetto turistico a 550 sterline per un romanitco weekend kosovaro.

Chissa’ che non ci sia davvero qualche turista non-fai-da-te di alpitouriana memoria che non voglia, spinto da un irrefrenabile desiderio di esotismo, avventurarsi in un tour guidato della nostra repubblichetta. Magari gia’ il prossimo weekend. Giusto in tempo per provare il (dubbio) piacere di assistere alle celebrazioni del primo anniversario dell’indipendenza…